la mia dakar desert challenge
giovedì 6 marzo 2014
ecco il diario ...completo
SOGNANDO DAKAR
Quale
percorso porti la mente umana a sognare un viaggio é abbastanza semplice da
immaginare: lo stacco dalla stressante quotidiana routine, il bisogno
d'evasione, l'incontro con qualcosa di nuovo, insomma tutte cose di semplice comprensione
e condivisibili ai più. Resta forse più complessa ed articolata l'analisi della
scelta del tipo di viaggio che l'individuo decide di intraprendere proprio in
quel dato momento.
La mia scelta é ricaduta sul voler raggiungere Dakar in
moto.
La
difficoltà è stata quella di trovare un giusto compromesso tra quelle che erano
le mie esigenze e ciò che il mercato offriva.
Mi sono
imbattuto nel sito internet del Dakar Desert Challenge, un
viaggio con pochi fronzoli, a basso
costo, con un forte spirito d'avventura ed alcuni tratti in comune con la
leggenda della Parigi/Dakar. Ero sulla stessa lunghezza d’onda, perfetto!
Il giorno
del mio 50esimo compleanno decido a tavolino che coinciderà con quello della mia
iscrizione e da quel giorno "Alea iacta est". Non sapevo ancora il
valore dei dadi ma sicuramente erano stati lanciati...
Inizia così
l'allestimento del mio ktm 690, in una forma alleggerita della più blasonata
versione rally: cupolino alto, staffe paragambe e paratelaio, porta borse
rigide e serbatoio supplementare.
IL
MIO DAKAR DESERT CHALLENGE
Mi imbarco
da Genova per Tangeri, il viaggio sarà molto movimentato: il mare sotto di noi
è forza 7/8 e ci dicono che faremo una sosta forzata a Barcellona di oltre 10
ore per attendere un mare più consenziente.
Arrivo in
terra marocchina piuttosto provato, ma emotivamente carico e trepidante per
l'inizio di questa avventura. Passo un'intera giornata a vagabondare per
Tangeri, dove, da mani esperte, mi faccio cucire, con scarti di stoffa, una
bandiera italiana.
Con l'arrivo
della carovana giunta dal Portogallo nella tarda nottata, incontro e conosco i
miei nuovi compagni di avventura, ed i loro mezzi.
Tappa
Tanger-Marrakech km 567
Qui inizia
realmente l'avventura. Il risveglio all'alba non é promettente: ci attende un
cielo plumbeo che fa prospettare una giornata all'insegna della pioggia.
Il percorso
è un trasferimento che si sviluppa su un percorso interamente su asfalto. Infilati
gli impermeabili alle 8.30 precise, le moto partono incolonnate alla volta di
Marrakech.
Il viaggio
scorre con i tempi dettati dalle varie tappe obbligate.Viaggiamo scarichi
perchè la quasi totalità dei nostri bagagli è trasportata sul ducato
dell'organizzazione, che a sua volta traina un grande carrello portamoto con i
bagagli.
Arrivo
stanco mentalmente, patisco la guida notturna
e la pioggia che ha contribuito in maniera marcata ad annebbiarmi
l'interno della visiera, spero in un risveglio meno uggioso.
Tappa Marrakech-Fort Bou-Jerif
km 496
Appena apro
gli occhi lo sguardo corre veloce alla finestra, il cielo azzurro mi fa alzare
sereno e fiducioso; oggi ci attende ancora una mezza giornata di trasferimento
su asfalto, nel primo pomeriggio dovremmo incontrare il primo pezzo di
fuoristrada e non vedo l'ora di affrontarlo.
L'impatto con l’off sarà molto aggressivo, la voglia, il
bisogno di dare gas e di sentirsi bene sulla moto prendono il sopravvento. E così, dopo essermi ripromesso “consapevolezza”, mi
lascio trasportare dall'indole e parto a testa bassa.
Solchiamo
una splendida pista sabbiosa che corre lungo il mare per svariati km e ci
gustiamo un frugale panino condiviso, godendo della vista di questa meraviglia.
Ma i km da percorrere sono ancora molti ed alle 18, con i miei tre compagni,
scopriamo che ci attendono ancora un centinaio di km di off e quindi ancora
diverse ore di guida nel buio più completo.
Arriviamo
verso le 21 a Fort Bou-Jerif , dove troviamo un'interessante struttura
costruita su una vecchia fortificazione della legione straniera francese. Tra
le varie possibilità di sistemazione scelgo di dormire nelle tende nomadi, la
soluzione più spartana. Dormo su un materasso posto in terra, e la notte corre
veloce e serena.
Tappa Fort Bou-Jerif- Smara
Desert Camp km 400
La giornata inizia con una
colazione all'interno del fortino, dove murales touareg fanno da cornice alla
sala. Guido i primi km immerso in un'atmosfera fuori dal tempo, complici i colori
del sinuoso e vario terreno, illuminato dai raggi di un'alba particolarmente
favorevole e ammiro uno spettacolo dalle luci uniche.
I km scorrono veloci e di buon
passo, arrivo alla Plage Blanche, dove ci attendono una 40ina di km di
galoppata lungomare.
Le moto sono le prime ad
arrivare alla spiaggia; la consistenza della sabbia é perfetta.
Sono momenti incredibilmente
intensi. Galoppiamo a 110 km/h a pochi metri dal mare, il profumo, la vista, il
grido in volo dei gabbiani che si alzano al nostro passaggio, ci riempiono di
gioia.
Attraversiamo una serie di piste
dure, che tagliano alcuni chott, i laghi secchi. Sembra di correre su un
terreno lastricato naturalmente da rombi irregolari. Lo sguardo si perde in un
piatto innaturale e omogeneo, dove non si hanno punti di riferimento se non la
traccia del tuo gps, che indica la retta via.
Giungo al wp del ritrovo intorno
alle 17 e decido, erroneamente, di alloggiare in un infido alberghetto. Mi
risparmio così il montaggio della tenda ma certo non mi godo una doccia delle
più tonificanti...l'Afric c'est l'Afric!
Tappa
Smara Desert Camp-Guelta Zemour Desert Camp 250km
Ci attende una delle tappe più brevi della spedizione, 250 km,
dove si alternano pistoni duri e veloci a tratti di chott e dove incontriamo
diversi gruppi di dromedari scortati dai loro giovani guardiani.
Vuoi per la brevità della tappa,
vuoi per l'alta velocità media,
arriviamo incredibilmente presto.
Il campo è stato montato in mezzo
al nulla. La carovana fa circolo con i mezzi parcheggiati all'esterno mentre
tutte le tende vengono montate rivolte verso il centro. Insomma immaginate la
classica visione che abbiamo visto tante volte nei film western, quando la
carovana dei cowboys, per resistere all'attacco degli indiani, si disponeva per
la notte.. qui per fortuna nessun tipo di attacco, a parte qualche moschito
particolarmente petulante.
Viste le condizioni delle mie
gomme (non sono partito con la coppia nuova) e tenuto conto delle ore di luce
che ho davanti, decido di intraprendere l'operazione di sostituzione con una
coppia nuova di pacca. Scelta temporale azzeccata, perchè nei giorni a venire non avrei mai più
avuto il tempo di farlo, come vedremo.
La serata è speciale, visto che
è l'ultimo dell'anno, e viene scandita dal festeggiamento dei due capodanni..
già, sia quello con orario italiano e spagnolo che quello portoghese, con il
quale vengono a coincidere anche i
rituali fuochi d'artificio. Dopo gli auguri, baci ed abbracci e qualche
bicchiere di vino, la carovana si addormenta velocemente.
Tappa
Guelta Zemour Desert Camp - Dakla 470km
La giornata si apre con un cielo
freddo e terso. Oggi ci aspetta un lunga cavalcata e dopo aver dedicato alcuni
minuti alla foto di copertina di questa edizione della Dakar Desert Challange,
partiamo su piste semplici e veloci. Mi sento pago del gusto del gas e comincio
a provare il desiderio di dedicarmi ad immortalare immagini fotografiche. La
cosa mi affascina e mi gratifica, tendo a ridurre la velocità e la sensazione
di pace e solitudine mi pervade. Mi sento in pace con me stesso ed assaporo con
un gusto nuovo la guida.
Arriviamo verso le 18 nella
città di Dakla, una città sui generis per essere in Marocco. Si affaccia su un
golfo naturale ad uncino e per la sua particolare collocazione geografica è
diventata nel tempo un famoso centro che raduna moltissimi appassionati di kyte
surf, anche locali, e dunque infrange molte regole e tabù solitamente presenti
in un territorio caratterizzato dall'islamismo.
L'albergo è caro ma molto
accogliente e ci permette, dopo la solita pizza di rito, di confortarci.
Tappa Dakla -Bou Lanouar
Desert Camp 440km
Oggi ci aspetta un discreto
tragitto on road prima di arrivare alla nostra prima vera frontiera. Il
paesaggio è particolarmente interessante: un lungomare con alte falesie ci
accompagna per diverse ore. Mi fermo al cartello che indica il parallelo del
tropico del cancro per la foto di rito: in linea retta siamo ancora a 1400 km
da Dakar.
Arriviamo emozionati alla tanto
attesa frontiera con la Mauritania. Ho letto molte volte di questo limbo di una
ventina di kilometri, che divide i due stati, dove nessuno reclama la sovranità
territoriale, chiamato “terra di nessuno”, ma ora che ci sono quasi arrivato mi
sento pervadere da un po' di ansia.
Superata la dogana marocchina e
le sue pratiche di rito ci addentriamo in questa terra con una certa
circospezione. Il tratto è molto accidentato e gli fanno da cornice, in una
distesa piatta, pile di gomme e carcasse di macchine bruciate ed abbandonate,
rendendolo, in maniera realisticamente sconfortante, un immaginario paesaggio
post-atomico, alla Blade Runner per capirci.
Ad attenderci, dopo il percorso,
ci sono le guardie mauritanesi, con la loro bandiera verde, che ci riservano un
controllo veramente inatteso. Prendono le impronte digitali di entrambe le mani
e le foto del viso, mi chiedo ancor oggi a quale scopo!
Le ore scorrono ed il cielo
tende al tramonto quando riusciamo a lasciare il posto di frontiera, scortati
da due camionette di militari, che passeranno la notte circondando il nostro
campo, a mio avviso più per impiegare il loro tempo che per effettiva esigenza.
Giunti al wp che individua il
campo è oramai sopraggiunto il buio, montiamo le tende aiutati dai fari dei
mezzi e ci prepariamo al bivacco.
Tappa Bou Lanouar Desert Camp
-Nouakchott 420km
Leviamo il campo di buon'ora, la
giornata appare radiosa e piuttosto calda sin dal primo mattino e capiamo che,
scendendo, le temperature saranno sempre più piacevoli. Il percorso fuoristrada
si sviluppa su un terreno piano e piuttosto scorrevole; unica attenzione da
porre alla sabbia a tratti nelle carregge dove, per galeggiare senza problemi,
bisogna dare del sano gas.
Incrociamo diversi gruppi di dromedari
e resti sparsi di mezzi, deprivati di ogni parte morbida, lasciati a morire in
mezzo alla sabbia.
Costeggiamo il mare in un
budello di dune: siamo entrati all’interno del Parco Nazionale del Banc
d'Arguin, patrimonio mondiale dall'Unesco.
Questa zona protetta, il cui accesso è fortemente limitato ai veicoli e vietato alle barche a motore, ospita una fauna molto ricca, costituita da numerose specie di uccelli e di pesci.
Ci aspetta un lungo tratto di pista sabbiosa che costeggia la spiaggia, attraverso diversi villaggi di pescatori. Alcuni di essi, benchè in muratura, sono deserti e nelle ampie e spoglie stradine si possono osservare solo le tracce di una povera vita quotidiana.
Questa zona protetta, il cui accesso è fortemente limitato ai veicoli e vietato alle barche a motore, ospita una fauna molto ricca, costituita da numerose specie di uccelli e di pesci.
Ci aspetta un lungo tratto di pista sabbiosa che costeggia la spiaggia, attraverso diversi villaggi di pescatori. Alcuni di essi, benchè in muratura, sono deserti e nelle ampie e spoglie stradine si possono osservare solo le tracce di una povera vita quotidiana.
Raggiungo la spiaggia, dove mi
attende un terreno compatto, sfreccio a pochi metri dal mare, quasi lambisco le
onde. Dune sinuose segnano il confine della giusta via. Gruppi di gabbiani si
alzano al mio passaggio in volo.
Chiudiamo la giornata con un
tratto d'asfalto ed entriamo a Nouakchott, la capitale della Mauritania. Ho modo
di toccare dal vivo un incredibile e disordinato traffico autoveicolare: mezzi
a 2 e 4 ruote, dalle carrozzerie arruginite, con innumerevoli parti mancanti,
si immettono nel traffico da tutte le direzioni, senza degnare di uno sguardo
chi soppragiunge. Arrivare interi davanti al nostro Auberge è un vero miracolo.
Tappa
Nouakchott – St. Luis 295 km
Un’altra calda giornata ci
attende, usciamo illesi dal caotico traffico cittadino e attraversiamo una moltitudine di villaggi dove festanti e sorridenti giovani
salutano il nostro passaggio.
Oggi ci attende il Park National
Diawling, dichiarato patrimonio naturale dell'umanità dall'UNESCO, che ospita
numerose specie animali, dai fococeri ai molti volatili. Ci perdiamo ad
ammirare i giochi degli stormi degli uccelli, voli orchestrati, in perfetta
sintonia, da un direttore fantasma.
L’attesa alla dogana senegalese è
veramente lunga e snervante, complice una inaspettata temperatura di 33 gradi:
dobbiamo spesso sostare all’ombra per trovare un po’ di refrigerio.
Variopinti venditori ambulanti
esibiscono le loro merci in maniera pittoresca e simpatica.
Entriamo a St Luis, scortati
dalle sirene della polizia che blocca il traffico, più per motivi di festa che
di reale bisogno. E’ un concerto di musica e colore.
L’albergo con piscina cattura i
nostri occhi e ci rilassa.
Tappa
St. Luis – Tambacounda 512 km
St Luis è una cittadina
coloniale di pescatori, sulle cui rive possiamo scorgere centinaia di stupende
barche colorate e che già di primo mattino si anima di una vita estremamente
vivace.
In Senegal ci attende un
cambiamento radicale: le case sono meno fatiscenti ed i locali indossano
indumenti dai colori forti e vivaci che mettono allegria nei nostri cuori.
Attraversiamo decine di mercati
colorati in cui ambulanti esibiscono in ogni dove le loro merci e ne veniamo
affascinati.
Affrontiamo un magnifico percorso,
più di 150 km di sabbia soffice, dove
incontreremo, per la prima volta, i baobab, giganteschi alberi secolari dal
fusto maestoso, tipici della savana africana.
L’adrenalina mi invade la testa,
questo sarà il più bel pezzo di offroad
di tutto il viaggio.
Durante questo tratto cade un
motociclista e si sloga la spalla: il suo viaggio finirà qui.
Arriverò solo in tarda serata in
albergo, alle 22. Durante un controllo del mezzo scopro di avere due viti
spanate tagliate all’interno del telaio, che solo con l’aiuto di due
incredibili meccanici dell’organizzazione e grazie a mezzi di fortuna riusciamo
a montare giusto in tempo per poter riposare due ore prima della tappa successiva.
Come in una vera Dakar!
Tappa
Tambacounda-Bafata’ African Camp Gambasse 270 km
Fotografo visi di bambini
poveri, in cui le sofferenze e le privazioni si nascondono sempre sotto un
bellissimo sorriso. Incredibile.
Nella mattinata avremo il primo intoppo di una
certa importanza. Un amico motociclista ha un improvviso cedimento fisico e
viene prontamente soccorso sulla pista dall’organizzazione, che gli pratica gli
interventi del caso. Scopriremo solo dopo che è stato un attacco di malaria. Problema
completamente risolto dopo il suo forzato rimpatrio.
Siamo alla dogana con la Gunea
Bissau e non ho il visto sul passaporto,
poichè mi è stato rubato pochi giorni
prima della partenza e non ho avuto il tempo sufficiente per riottenerlo. Sono
teso, d’accordo con il referente non
consegno il documento, nella speranza di
confondermi con la massa dei partecipanti.
Riesco ad entrare. Sono un
clandestino. Ora passerò le successive 36 ore preoccupato, ma ci tenevo troppo
ad arrivare a Silo Gambasse, dove consegneremo agli abitanti del villaggio materiale
per un progetto di assistenza scolastica.
L’arrivo è quanto meno
emozionante: centinaia di persone ci attendono festanti , danzando al suono di
fischietti e tamburi, noi siamo sporchi di fango e sudore ma felici. Stato di
gioia generale.
Tappa
Bafatà African Camp Gambasse - Bissau 125 km
In mattinata si consegnano i pacchi
degli aiuti, mentre io cambio la gomma posteriore , dopo un fortuito incontro
con un chiodo.
Lasciamo il campo con il sorriso
che ci è stato donato da centinaia di persone, che hanno continuato a ballare
ed a danzare sino alla nostra partenza.
Il viaggio scorre su larghi
pistoni di piste battute, che collegano decine di villaggi, dove siamo costantemente accolti da gruppi sempre
più numerosi di bimbi, festanti e sorridenti, che al nostro passaggio
interrompono persino le lezioni scolastiche per poterci salutare. Bellissimo.
Dormiremo nella capitale e, in
una botta di vita, soggiorniamo sopra un pub-discoteca, dove possiamo
sorseggiare diverse birre.
Tappa
Bissau - Kaolak 300 km
Giornata tranquilla
all’insegna di un trasferimento che ci porterà ad attraversare ben due
stati. Quando lascio la Guinea Bissau termino il mio periodo da “clandestino” e
sarà una bella liberazione. Dopo qualche
problema intercorso con i doganieri, sempre risolto dall’organizzazione,
entriamo in Gambia, antico prottetorato Inglese , dove, a differenza dei paesi
sino ad ora attraversati, troviamo un livello di cultura superiore. Tutti,
compresi i bambini, parlano un discreto inglese.
Per giungere in Senegal dobbiamo
attraversare il fiume Gambia. Due traghetti fanno da spola, sono lenti e la colonna, numerosa, viene smaltita solo
dopo diverse ore di snervante attesa .
Sostare all’imbrunire sulle
sponde di un fiume, in una zona malarica, non è proprio del tutto consigliabile.
L’albergo che ci attende è
piuttosto lussuoso, ma alle 22 ha già chiuso la cucina. Improvvisiamo così una
tavolata con un vastissimo assortimento di scatolette!
Tappa
Kaolak - Dakar 200 km
Siamo all’ultimo giorno, la
tappa sarà una lunga passeggiata verso l’agognata spiaggia. Giunti al lago
Rosa, teatro finale di decine di Parigi-Dakar,
sento di aver compiuto il mio sogno, anche se in realtà devo ancora
percorrere l’ultimo km prima di vedere il mare.
Sarà il tratto più impegnativo
del viaggio, per l’emozione, per la sabbia particolarmente morbida, diventerà un impegno
non indifferente poter posare le ruote vicino all’ acqua.
Moto, sabbia, mare, quale
occasione migliore per lasciare incorniciato, nel cassetto dei ricordi, qualche indimenticabile passaggio, eseguito bordo
mare.
L’arrivo è una generale emozione
percepibile in molti visi, ci si scambia
abbracci, fioccano pacche sulle spalle, tutta la carovana giunge e, a mano a mano, riempe
disordinatamente il fronte mare, sino al momento organizzato per la foto che
concluderà l’avventura.
Ritorno
Dakar Tangeri 3800 km
4 giorni di guida consecutiva per compiere i 3850 km su asfalto , ma questa è
un’altra storia!
mercoledì 5 febbraio 2014
diario di viaggio parte 1
IL MIO DAKAR
DESERT CHALLENGE
Mi imbarco da Genova per Tangeri,
la nave parte con ben 3 ore di ritardo a causa di agitazioni di un
gruppo di marocchini. Il viaggio sarà molto movimentato: il mare
sotto di noi è forza 7/8 e ci dicono che faremo una sosta forzata a
Barcellona di oltre 10 ore per attendere un mare più consenziente.
Sulla nave faccio immediatamente
amicizia con gli unici viaggiatori italiani: un motociclista di nome
“Rocky” (solo più tardi comprendo il sottile collegamento del
suo nick, quando mi racconterà del suo lavoro di buttafuori) e altri
due appassionati fuoristradisti che viaggiano con un Land Rover
nuovo, preparato al top per l'occasione. Così, grazie alla nuova
compagnia, le 66 ore trascorrono abbastanza velocemente!
Arrivo in terra marocchina
piuttosto provato, ma emotivamente carico e trepidante
per l'inizio di questa avventura. Passo un'intera giornata a
vagabondare per Tangeri in attesa dell'arrivo della carovana.
Mentre vago per le piccole vie
della Medina, preso dai
colori e dagli odori tipici marocchini, mi sovviene la dimenticanza
di un oggetto, la cui presenza, solitamente lontana dai miei vissuti,
non era da considerarsi essenziale per il viaggio, ma la condizione
di unico partecipante italiano mi fa propendere per il rimediare a
questa lacuna. Mi dirigo così verso la zona dedita alla sartoria e,
da mani esperte, con pezzi di stoffa di scarto mi faccio cucire una
bandiera italiana.
Il risultato, forse grazie a
questa indovinata soluzione, ha acquistato per me un significato più
vero: rimane sì un emblema dello Stato dove sono nato e cresciuto,
ma confezionato dal Paese che mi stava ospitando e con pezzi
recuperati, e tutto questo me lo ha fatto sentire più mio.
Il 27, con l'arrivo della carovana
giunta nella tarda nottata, incontro e conosco i miei nuovi compagni
di avventura, tra i quali Josè con il quale condividerò una parte
del viaggio. Alcuni mezzi risulteranno molto performanti, altri
quanto meno bizzarri.
Tappa Tanger-Marrakech km 567
Qui inizia realmente l'avventura, non vedo l'ora di salire sulla moto e macinare km. Il risveglio all'alba non promette però grandi cose: ci attende un cielo plumbeo che fa prospettare una giornata all'insegna della pioggia. Il percorso di oggi è totalmente un trasferimento che si sviluppa su un percorso interamente su asfalto, comprensivo di tratto autostradale.
Infilati gli impermeabili alle
8.30 precise, le 9 moto (5 fanno questo tratto tranquillamente
alloggiate sui carrelli) partono incolonnate alla volta di Marrakech.
Il viaggio sarà allietato da un interessante diversivo creato
dall'amico Gabriel, che pensa bene di controllare il livello
dell'olio, ma di dimenticarne il tappo vicino alla bocchetta del
distributore, ovviamente disperdendo per oltre 15 km l'olio,
sprovvisto della sua adeguata chiusura.
Per fortuna al distributore
avevano trovato e conservato il tappo e dopo aver aggiunto nuovamente
due litri di olio, la colonna può ripartire, con il sorriso di
Gabriel sulle labbra.
Il viaggio scorre con i tempi
dettati dalle varie tappe obbligate, rabbocchi di carburante, fermate
fisiologiche, consumazione del pasto, dove inizia uno dei gesti più
frequenti che ci accompagneranno durante tutto il viaggio: il rito
della “scatoletta” a turni alternati, ora tonno ora sardine, che
faranno la parte del leone nei nostri approvvigionamenti.
Viaggiamo scarichi perchè quasi
la totalità dei nostri bagagli sono trasportati sul ducato
dell'organizzazione, che a sua volta traina un grande carrello
portamoto, e che quindi, per la sua conformazione, sarà praticamente
sempre il mezzo più lento della carovana. Capiterà così molte
volte di doverlo attendere per ore.
Giunti in tarda serata a
Marrakech, scopriamo che alcuni fortunati hanno i bagagli bagnati, in
quanto alcune borse sono state alloggiate all'esterno e, vista la
giornata, il contenuto risulta decisamente umidiccio. Ovviamente sono
risultato vincitore di tale sorteggio, ma questo è solo un
dettaglio.
Sono molto stanco mentalmente,
patisco terribilmente la guida notturna, la pioggia contribuisce in
maniera marcata ad annebbiarmi l'interno della visiera, ma non mi
faccio abbattere e dopo una buona pizza e le operazioni di
salvataggio di foto e video ed il caricamento delle tracce della
giornata successiva, operazione che si ripeterà tutte le sere,
attendo che Morfeo mi prenda tra le sue braccia, sperando in un
risveglio meno uggioso.
Tappa
Marrakech-Fort Bou-Jerif km 496
Appena apro gli occhi lo sguardo
corre veloce alla finestra, il cielo azzurro mi fa alzare sereno e
fiducioso; oggi ci attende ancora una mezza giornata di trasferimento
su asfalto, ma nel primo pomeriggio dovremmo incontrare il primo
pezzo di fuoristrada e non vedo l'ora di affrontarlo.
L'impatto sarà molto aggressivo,
la voglia, il bisogno di dare gas e di sentirsi bene sulla moto
prendono il sopravvento. E così, dopo essermi ripromesso
“consapevolezza”, mi lascio trasportare dall'indole e parto a
testa bassa. Sorpasso molte macchine, la differenza di velocità con
le quattro ruote su questo tipo di percorso è palese, un guidato
leggermente sabbioso ma contorto si snoda per molti km, a mano mano
prendo coscienza...
Solchiamo una splendida pista
sabbiosa che corre lungo il mare per svariati km e ci gustiamo un
frugale panino condiviso godendo della vista di questa meraviglia.Ma
i km da percorrere sono ancora molti ed alle 18, con i miei tre
compagni, scopriamo che ci attendono ancora un centinaio di km di off
e quindi ancora diverse ore di guida nel buio più completo.
Arriviamo verso le 21 a Fort
Bou-Jerif , dove troviamo un'interessante struttura costruita su una
vecchia fortificazione della legione straniera francese. Tra le varie
possibilità di sistemazione scelgo di dormire nelle tende nomadi, la
soluzione più spartana.
Sono nuovamente stanco: non mi
aspettavo una tale durezza, non tanto per le ore di guida,
complessivamente più di 10 ore, ma per le ore notturne dove la
scarsa visibilità mi disturba e mi affatica.
Le prime due giornate risulteranno
le più dure, proprio perchè non ero consapevole di cosa mi
aspettasse. Devo fare un lavoro mentale e operare un schiftamento dal
mio approccio al viaggio; lo prendo come una gara senza tempi, dove
la regolarità e l'efficienza devono essere parte integrante del
divertimento.
Così dopo un bel risotto cotto
sul mio fornellino da campo, un pezzo di parmigiano e qualche tocco
di speck mangiati dentro la tenda, e concluse le solite operazioni
informatiche, mi metto a dormire sul materasso posto sulla terra, e
la notte corre veloce e serena
Tappa Fort Bou-Jerif- Smara Desert Camp km 400
La giornata inizia con una colazione all'interno del fortino, dove murales touareg fanno da cornice alla sala. La notte mi ha ritemprato e mi sento pronto a partire.
Facciamo i primi km immersi in un'atmosfera fuori dal
tempo, complici i colori del sinuoso e vario terreno, illuminato dai
raggi di un'alba particolarmente favorevole, dove il corpo e la mente
diventano tutt'uno con il mezzo. I km scorrono veloci e di buon
passo, giusto con qualche stop per immortalare immagini e momenti, e
arriviamo alla Plage Blanche, dove ci attendono una 40ina di km di
galoppata lungomare.
Siamo i primi ad arrivare alla spiaggia; molte macchine
che qui arriveranno molto più tardi, troveranno una situazione molto
meno favorevole, per via dell'alta marea che cambia considerevolmente
la consistenza della sabbia.
Sono momenti incredibilmente intensi. Galoppare a 110
km/h a pochi metri dal mare, sentirne il profumo, goderne della vista
e farci cullare dal grido e dal volo dei gabbiani che si alzano al
nostro passaggio, non può lasciare indifferenti e la gioia è
visibile in tutti noi.
Poi una serie di piste dure, che tagliano alcuni chott,
laghi secchi. Sembra di correre su un terreno lastricato naturalmente
da rombi irregolari. Lo sguardo si perde in un piatto innaturale e
omogeneo, dove non si hanno punti di riferimento se non la traccia
del tuo gps, che indica la retta via.
Percorsi i 400 km della tappa, vuoi per la brevità,
vuoi per l'alta velocità media, giungiamo al wp del ritrovo intorno
alle 17 dove troviamo ad attenderci il traguardo gonfiabile, che ha
percorso la direttissima via asfalto.
Decido, erroneamente, come scoprirò solo dopo, di
alloggiare in un infido alberghetto, risparmiandomi così il
montaggio della tenda e per potermi godere una doccia
tonificante...beh non allego le foto per decenza, ma anche in
questo..l'Afric c'est l'Afric!
A tarda serata arrivano le ultime macchine e verso le 20
iniziano le consuete operazioni serali e la serata si conclude con i
racconti della giornata con gli altri partecipanti. Ma la carovana è
stanca e presto cala sul campo un silenzio totale.
Tappa Smara DesertCamp-GueltaZemourDesertCamp 250km
Sveglia, colazione e partenza: la tappa piu' breve di tutta la spedizione, 380 km, dove alterniamo pistoni duri e veloci a tratti di chott e incontriamo dromedari scortati dai loro giovani guardiani.
Vuoi
per la brevita' della tappa, vuoi per l'alta velocita' media,
arriviamo incredibilmente alle 13.
Il campo è stato montato in mezzo al nulla. La carovana
fa circolo con i mezzi parcheggiati all'esterno mentre tutte le tende
vengono montate rivolte verso il centro. Insomma immaginate la
classica visione che abbiamo visto tante volte nei film western,
quando la carovana dei cowboys per resistere all'attacco degli
indiani si disponeva per la notte.. qui per fortuna nessun tipo di
attacco, a parte qualche moschito particolarmente petulante.
Viste le condizioni delle mie gomme (non sono partito
con la coppia nuova) e tenuto conto delle ore di luce che ho davanti,
decido di intraprendere l'operazione di sostituzione con una coppia
nuova di pacca.Scelta temporale azzeccata, perche' nei giorni a
venire non avrei mai piu' avuto il tempo di farlo, come vedremo.
L'operazione, vista una certa mancanza di attrezzatura,
è stata in parte organizzata con mezzi di fortuna, come le borse
touratech utilizzate come cavalletto. Ma verso sera avevo nuovamente
il mezzo pronto con la prospettiva di non doverne piu' cambiare.
La serata speciale, visto che è l'ultimo dell'anno, è
scandita dal festeggiamento dei due capodanni.. già, sia quello con
orario italiano e spagnolo che quello portoghese, con il quale sono
coincisi anche i rituali fuochi d'artificio. Dopo gli auguri, baci ed
abbracci e qualche bicchiere di vino, la carovana si addormenta
velocemente.
Tappa Guelta Zemour Desert Camp - Dakla 470km La giornata si apre con un cielo freddo e terso. Oggi ci aspetta un lunga ma semplice cavalcata, con il piccolo problema dell'autonomia: dobbiamo infatti percorrere più di 300 km senza incontrare alcun benzinaio.
Scopriamo ben presto che il mezzo dell'assistenza,
quello preordinato per il trasporto tank, ha un serio impedimento
dovuto ad una perdita dal differenziale. Temiamo il peggio,
scongiurato però dall'intervento provvidenziale di Josè ed Andreis,
dei veri tutto fare della meccanica, che risolvono brillantemente il
problema.
Dopo aver dedicato
alcuni minuti alla foto di copertina di questa edizione, partiamo
su piste semplici e veloci. Mi sento pago del gusto del gas e
comincio a manifestare la voglia di dedicarmi ad immortalare immagini
fotografiche. I miei colleghi preferiscono non fermarsi e così
intramprendo una fase piuttosto lunga di guida in solitaria.
La cosa mi affascina e mi gratifica, tendo a ridurre la
velocità e la sensazione di pace e solitudine mi pervade. Mi sento
in pace con me stesso ed assaporo con un gusto nuovo la guida.
Oggi ho voglia di incontrare gli altri della carovana,
cosa che durante il percorso mi è mancata; scopro sempre persone
accoglienti e disponibili ad offrire ed a condividere generi
alimentari, soprattutto l'acqua, così importante per noi
motociclisti in questo ambiente. Sensazioni positive accrescono la
condivisione.
Il percorso è abbastanza semplice, intorno al 230 km le
prime moto finiscono la benzina ed attendiamo il mezzo con la riserva
che ci permettera' di completare la tappa.
Arriviamo verso le 18 nella città di Dakla, una città
sui generis per essere in Marocco. Si affaccia su un golfo naturale
ad uncino e per la sua particolare collocazione geografica è
diventata nel tempo un famoso centro che raduna moltissimi
appassionati di kyte surf, anche locali, e dunque infrange molte
regole e tabù solitamente presenti in un territorio caratterizzato
dall'islamismo.
L'albergo è caro ma molto accogliente e ci permette,
dopo la solita pizza di rito, di confortare le nostre provate membra.
Tappa Dakla -Bou Lanouar Desert Camp 440km
Oggi ci aspetta un discreto tragitto on road prima di
arrivare alla nostra prima vera frontiera. Il paesaggio che ci
attende è particolarmente interessante: un lungomare con alte
falesie ci accompagna per diverse ore. Mi fermo al cartello che
indica il parallelo del tropico del cancro per la foto di rito: in
linea retta siamo ancora a 1400 km da Dakar.
Quando giungiamo all'ultimo avamposto del Marocco la
visione è estremamente inusuale: nel nulla sorge una struttura di
tipo coloniale, con un lussereggiante parco posto al suo centro, che
ci offrirà refrigerio e riparo per il nostro frugale pranzo.
Arriviamo emozionati alla tanto attesa frontiera con la
Mauritania. Ho letto molte volte di questo limbo di una ventina di
kilometri, che divide i due stati, dove nessuno reclama la sovranità
territoriale, chiamato “terra di nessuno”, ma ora che ci sono
quasi arrivato mi sento pervadere da un po' di ansia.
Superata la dogana marocchina e le sue pratiche di rito
ci addentriamo in questa terra con una certa circospezione. Il tratto
è molto accidentato e gli fanno da cornice, in una distesa piatta,
pile di gomme e carcasse di macchine bruciate ed abbandonate,
rendendolo, in maniera realisticamente sconfortante, un immaginario
paesaggio post-atomico, alla Blade Runner per capirci.
Ad attenderci, dopo il percorso, ci sono le guardie
mauritanesi, con la loro bandiera verde, che ci riservano un
controllo veramente inatteso. Prendono le impronte digitali di
entrambe le mani e le foto del viso, mi chiedo ancor oggi a che
scopo, ma preferisco soprassedere.
Le ore scorrono ed il cielo tende al tramonto quando
riusciamo a lasciare il posto di frontiera, scortati da due
camionette di militari, che passeranno la notte circondando il nostro
campo, a mio avviso più per impiegare il loro tempo che per
effettiva esigenza.
Giunti al wp che individua il campo è oramai
sopraggiunto il buio, montiamo le tende aiutati dai fari dei mezzi e
ci prepariamo al bivacco notturno.
Leviamo il campo di buon'ora, la giornata appare radiosa e già piuttosto calda dal primo mattino e capiamo che, scendendo, le temperature saranno sempre piu' piacevoli. Il percorso fuoristrada si sviluppa su un terreno piano e piuttosto scorrevole; unica attenzione la sabbia a tratti nelle carregge dove, per galeggiare senza problemi, bisogna dare del sano gas.
Incrociamo diversi gruppi di dromedari e resti sparsi di
mezzi, deprivati di ogni parte morbida, lasciati a morire in mezzo
alla sabbia.
Giro da solo, oramai mi sono abituato. Ad un bivio
scelgo di non tagliare le dune e con alcune altre macchine veniamo
fermati da un gruppo di zelanti poliziotti. Questo porterà a
radunare quasi tutta la colonna prima che si convincano a lasciarci
passare. Quando si parte, nel budello delle dune, è come una
“speciale”: la pista, sabbiosa e morbida, dopo il passaggio di
diversi mezzi è completamente rotta e non è semplice trovare la
giusta via, ma mi diverto oltremodo e ne esco con il sorriso sulle
labbra.
Ci aspetta un lungo tratto di pista dura che costeggia
la spiaggia, attraverso diversi villaggi. Alcuni di essi, benchè in
muratura, sono deserti e nelle ampie e spoglie stradine si possono
osservare solo le tracce di una vita quotidiana.
Non mi fermo mai e ben presto mi trovo davanti alla
colonna. Non vedo tracce, non ho seguito, come per altro tutte le
mattine, il breafing in portoghese/spagnolo, non ho letto il roadbook
cartaceo, che aprirò solo al ritorno a casa.. Ad un bivio
fondamentale compio così il mio primo grande errore.
Alla biforcazione la pista da un lato punta direttamente
verso il mare e dall'altro lo fiancheggia ad una distanza di circa 30
metri. Scelgo la strada che mi appare più probabile e mi trovo ad
affrontare un tratto maledettamente infido di fech fech. Dopo una
ventina di minuti, nei quali avanzo a fatica e con il motore che
chiede perdono, decido di fermarmi ed aspettare rinforzi.
Mi chiedo come potranno passare le macchine in
quell'inferno, mi immagino anche di rimanere in loco per filmare i
passaggi più incredibili e sto quasi per controllare il mezzo,
quando intravedo un'ombra alla mia destra. Scopro così che diversi
mezzi mi avevano raggiunto e stavano tranquillamente galoppando,
senza alcun problema, sulla spiaggia, come era stato chiaramente
consigliato durante il briefing mattutino. Mai essere convinti di non
potersi sbagliare!
Raggiunta la spiaggia mi attende un terreno compatto, di
pura libidine, su cui sfreccio a pochi metri dal mare, quasi lambisco
le onde. Dune sinuose segnano il confine della giusta via. Gruppi di
gabbiani si alzano al mio passaggio in volo, segno che il mare è
molto pescoso.
Incontriamo diversi gruppi di pescatori, pronti a
ritirare le reti; molte barche sono assicurate a riva tramite lunghi
cavi. Per fortuna un ragazzo mi segnala di rallentare e dopo pochi
metri incontro un cavo a 50 cm da terra, invisibile in controluce, e
mi sento correre un brivido nella schiena.
Chiudiamo la giornata con un tratto d'asfalto ed
entriamo a Nouakchott, la capitale della Mauritania. Ho modo di
toccare dal vivo un incredibile e disordinato traffico autoveicolare,
mezzi a 2 e 4 ruote, dalle carrozzerie arruginite, con innumerevoli
parti mancanti, si immettono nel traffico da tutte le direzioni,
senza degnare di uno sguardo chi soppragiunge. Arrivare interi
davanti al nostro Auberge è un vero miracolo.
La temperatura è aumentata, il caldo si fa sentire.
Scelgo la sistemazione “entry level”: mi aspetta il famoso
“auberge du desert”, dove trovo, in una stanza da 8 posti, un
comodo materasso appoggiato a terra, sormontato da un piccolo telo,
per proteggere il corpo dai moscerini.
Faccio la doccia nel più “particolare” bagno della
mia vita; nuvole di moschierini mi volteggiano intorno. Siamo in zona
malarica. Prendo il medicinale, meglio non scherzarci troppo.
Mangio, tanto per cambiare, una sana pizza: non voglio
rischiare di ingurgitare qualcosa che non sia cotto ad alte
temperature, una gastroenterite può portare a conseguenze
devastanti, soprattutto quando si guida per ore una moto.
La notte, protetto dalla tendina, scorre serena.
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